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Il rischio delle relazioni

Governare le organizzazioni gestendo il rischio – dalle parole del maestro Sun Tzu ne l’”Arte della guerra” –

Premessa

L’eccellenza in una organizzazione, OGGI, si cerca e trova, ma soprattutto si fa con una gestione eccellente del rischio.

Potrebbe sembrare questo un gioco di parole oltre che un’ovvietà ma, per la mia esperienza, così non è; troppo spesso infatti mi trovo a osservare organizzazioni, e manager che vi sono a capo, cadere in alcune trappole.

Vediamone alcune:

  • i processi e la tecnologia sono il più importante, e in alcuni casi l’unico, vantaggio competitivo;
  • il rischio è incerto, è inevitabile, fa parte della vita dell’organizzazione, ed è difficile da gestire in modo sistematico ed esaustivo;
  • la gestione del rischio non incide sull’efficienza dei processi e sulla gestione delle persone;
  • ha senso parlare di gestione del rischio solo per eventi possibili ma con alto impatto e/o solo in relazione ai processi core dell’organizzazione.

Noi (di EnergetiCoaching e IAS School) abbiamo, un altro punto di vista piuttosto estensivo del rischio e della sua gestione; per noi vi è una strettissima relazione con la gestione e lo sviluppo dei comportamenti, che sono la dimensione più allargata, e come tale li comprendono, dei processi, e con la gestione e lo sviluppo delle relazioni, che danno forma e condizionano i comportamenti.

In sintesi gestire una organizzazione significa gestire comportamenti e relazioni e il rischio di produrre negatività ad essi connesso.

Ma cosa significa gestire il rischio?

Significa far emergere in ogni soggetto, appartenente all”organizzazione, la consapevolezza dei diversi risultati delle sue decisioni, portandolo ad attribuire determinate probabilità al verificarsi dei vari casi possibili scatenabili dal suo modo di essere e stare in un comportamento, così come in una relazione con uno o più persone. Significa, inoltre, indurlo ad agire una riflessione, che nel lungo periodo sarà tanto rapida quanto significativa, sulle diverse conseguenze che la sua scelta comporta, sui rischi e sulle opportunità (il gemello opposto del rischio) che possono crearsi.

Con “rischio” intendiamo la possibilità di accadimento di un evento che influenza negativamente la capacità di una organizzazione di creare valore e di raggiungere i propri obiettivi mentre, all’opposto, con “opportunità” vogliamo esprimere la possibilità di accadimento di un evento che influenza positivamente la capacità di una organizzazione di creare valore e di raggiungere i propri obiettivi.

Il rischio e le opportunità nelle relazioni

In questo post affronteremo il secondo rischio, quello della o nella relazione, lasciando l’approfondimento del rischio del comportamento, e sottointeso dei processi, a futuri post.

Il rischio in una relazione ha un ampio spettro di conseguenze: dalla non utilità (relazione che non produce alcun tipo di valore nè per l’organizzazione nè per chi ne è coinvolto) alla produzione di, per gli stessi soggetti, disvalore e turbative che penalizzano gravemente, per la logica dell’interdipendenza, tutto il resto sistema (anche a chi non ne è direttamente coinvolto).

A titolo di esempio, lontano dall’essere esaustivo, questo si può rappresentare semplicemente in una relazione poco chiara che ingenera incomprensioni e “misunderstanding” (che può rallentare ma anche impedire un processo) oppure in una che provoca stress e tensioni direttamente su uno degli attori coinvolti e indirettamente con ripercussioni a catena in tutto l’ambiente.

Costruire relazioni virtuose non è impossibile, anzi, visto il loro peso sul valore atteso dall’organizzazione, è doveroso: e non è un dovere di qualcuno specifico né ci si può appellare al principio “è una responsabilità di altri”. E’ un preciso “must” di ogni persona nell’organizzazione, indipendentemente dal ruolo e area di azione.

Va però detto che chi governa l’organizzazione ha anche delle responsabilità aggiuntive, quali quella di rendere tutti consapevoli dell’importanza e del peso delle relazioni in cui sono coinvolti unitamente al dar loro i supporti necessari per migliorare la propria sensibilità e capacità relazionale.

Come si fa

Il come si gestisce una buona relazione è nella storia dell’uomo. Lungi dal ricorrere al “modellamento” peculiare di altri metodi di coaching diversi dal nostro, è sufficiente guardare con occhio critico e consapevole alla storia e a chi ci circonda oggi per capire cosa fa di qualcuno un buon generatore di relazioni virtuose.

Critico per essere in grado di analizzare con precisione la capacità relazionale pura e consapevole per essere capaci di valutare la differenza tra relazione virtuosa o inutile/dannosa.

Tra i tanti maestri che ci aiutano a diventare, nel senso appena descritto, critici e consapevoli, ci mi piace riportare un estratto de “L’arte della Guerra” e usare le parole di Sun Tzu, provando a declinarle in semplici e efficaci “istruzioni” di uso (quasi) immediato.

E’ facile vedere in esse la sintesi quanto ci è già capitato di scrivere in altri post (presenti in questo Clob) semplicemente sostituendo “relazioni” a “operazioni militari”, “valore e disvalore” a “vittoria e sconfitta” e “interlocutore/i” a “nemico/i”.

E’ così nelle operazioni militari:
Se conosci il nemico e conosci te stesso,
Nemmeno in cento battaglie ti troverai in pericolo,
Se non conosci il nemico ma conosci te stesso,
Le tue possibilità di vittoria sono pari a quelle di sconfitta,
Se non conosci nè il nemico nè te stesso,
Ogni battaglia significherà per te sconfitta certa.

Provo a tradurle e elencarle in senso inverso.

  1. Se non conosci te stesso e nemmeno i tuoi interlocutori la relazione è ad alto rischio di pericolo (dal malinteso allo stress e tensione).

Significa che ti stai affidando al caso o, peggio ancora alla tua incoscienza o sopravvalutazione. Pensi di conoscerti e immagini di poter entrare facilmente nelle menti altrui o, forse ancor più vero, di non averne neppure la necessità.

  1. Se non conosci i tuoi interlocutori ma conosci te stesso le possibilità di produrre valore, per te e la tua organizzazione, saranno al 50%.

Significa che ti sei posto il problema di lavorare su di te ma hai ancora l’idea, pericolosa, che la relazione possa centrarsi solo su di te e che sei in grado di condizionarla secondo i tuoi desideri, piani e obiettivi.

  1. Se conosci te stesso e i tuoi interlocutori nemmeno in cento relazioni correrai rischi tu e la tua organizzazione.

Significa che ti sei preso il giusto tempo per entrare nella “tua consapevolezza” e parallelamente per conoscere gli “stati della mente” degli altri, sai distinguere ciò che vorresti vedere da ciò che vedi veramente e hai chiara la differenza tra i tuoi desideri, piani e obiettivi e quelli degli altri.

Significa che sai gestire la relazione e non la subisci e partecipi a indirizzarla verso un percorso win win semplicemente perchè ti sei chiesto il cosa e come del tuo “win” e degli altri “win”.

Ridurre il rischio della relazione non è complesso, non è impossibile. E’ necessario però aver l’onestà intellettuale e l’umiltà di mettersi in discussione ma non con l’obiettivo di “demolirsi” e trovare le proprie debolezza, ma al contrario, per rafforzarsi e contattare le proprie risorse e capire come queste possano aumentare, iperbolicamente e continuamente, il valore del nostro essere nella relazione e nell’organizzazione.

http://www.energeticoaching.net/#!percorsi/c11ej